La possibilità di perdere almeno la metà dei fondi del PNR – 100 miliardi sui 209 previsti – a causa di ritardi e burocrazia continua a tenere banco negli ambienti governativi. Dove le tensioni aumentano di giorno in giorno, le posizioni iniziano a distinguersi.
Cosa rischiamo
L’Italia è il maggior beneficiario dei fondi dell’Unione Europea, con 191,5 miliardi, e rinunciare a una parte di questi fondi avrebbe un impatto sostanziale sulla sua economia.
Non solo per la riduzione dei fondi a disposizione per l’ammodernamento del Paese, ma anche perché una scelta del genere peserebbe senza dubbio sui futuri negoziati con l’Europa in merito a un’eventuale possibilità di condivisione del debito tra gli Stati membri.
Il Recovery fund, creato per far fronte alle conseguenze della pandemia di Covid, è uno sforzo senza precedenti che ha costruito una risposta collettiva proporzionale ai bisogni.
Lega: “A questo punto rinunciamo”
Il capogruppo della Lega Riccardo Molinari assicura che i soldi arriveranno, ma invita alla cautela per non sprecarli “avendo fretta”.
Perché “spendere per spendere senza individuare i progetti che servono davvero non ha senso – il ragionamento è semplice: Perché potremmo arrivare a pensare di rinunciare a parte dei fondi per il debito, che sono sempre soldi che vanno a pesare sulle finanze degli italiani.
“Al momento”, secondo fonti in prima linea nella gestione del dossier, “quello che si sta facendo è una ristrutturazione dei fondi di spesa. Tutti fanno finta di non sapere, ma in realtà tutti sanno bene che ci sono progetti irrealizzabili alla scadenza del 2026 fissata per il PNRR.
Quei progetti che rischierebbero dunque di trasformarsi in un boomerang, e per i quali l’Italia si è vista costretta a chiedere a Bruxelles un mese in più, “verranno messi a terra con il RepoweEu, così da dilatare i tempi di qualche anno, oppure dirottati sul Fondo di sviluppo e coesione, che non ha scadenza”.
Le risorse così ‘liberate’, ovvero de-finanziate dal pacchetto Pnrr, “verranno riprogrammate su progetti fattibili”, oggetto della interlocuzione in corso con l’Europa.