L’aumento dei prezzi non è più una sorpresa per i consumatori italiani. Mentre l’inflazione galoppa, gli italiani sono “a dieta”: spendono di più per comprare di meno. I consumi sono più bassi, ma le spese continuano ad aumentare: i cittadini sono costretti a grandi sacrifici negli acquisti, anche per quanto riguarda i pasti.
L’Istituto di statistica riferisce che l’indice di marzo è rimasto invariato in termini di valore e in calo dello 0,3% in termini di volume rispetto ai dati di febbraio.
I beni alimentari, in particolare, hanno registrato un calo più marcato (-0,7%) rispetto ai beni non alimentari (-0,1).
In pratica, l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia si ripercuote sui consumatori con un aumento dei prezzi. Le catene di vendita al dettaglio, tuttavia, sono più propense di altre imprese ad aumentare i prezzi in risposta all’aumento dei costi.
’impennata record dei prezzi appare ancora più evidente se si fa il confronto con i dati di marzo 2022: le vendite al dettaglio risultano in aumento in valore del 5,8%, ma calano in volume del 2,9%. Andamenti di segno analogo si riscontrano sia per le vendite dei beni alimentari (+7,7% in valore e -4,9% in volume), sia per i non alimentari (+4,1% in valore e -1,3% in volume).
Quanto costa il carrello alle famiglie italiane
La spesa alimentare diminuisce di 7,1 miliardi di euro, pari a circa un terzo di quella del 2014 per una famiglia media con due figli, secondo Assoutenti.
Anche l’Unione Nazionale Consumatori ha denunciato la situazione: “Continua la cura dimagrante degli italiani: una dieta forzata a causa di prezzi lunari. Gli aumenti dei prezzi, ormai ingiustificati, sono frutto di una speculazione bella e buona“.
I supermercati (e non solo) guadagnano di più
Dall’altro lato degli scaffali, aumentano invece i ricavi dei supermercati, che segnano un +7,8%, sovracompensando l’inflazione del mese considerato. I piccoli negozi di quartiere e i minimarket hanno chiuso il mese con un incremento dei profitti più contenuto (+3,5%), ma il vero boom lo evidenzia ancora una volta l’e-commerce (+10,3%).
ALe organizzazioni di categoria in Italia, come Federdistribuzione, hanno chiesto l’intervento del governo per sostenere il potere d’acquisto.
“Occorre favorire la ripresa della domanda interna e garantire stabilità alle nostre aziende e alle numerose filiere agroalimentari del Made in Italy“. Per Confesercenti, “il dato peggiore si registra per i piccoli negozi, con una stima che va oltre il -5% in tre mesi, sempre in volume”. Serve un taglio del cuneo fiscale, che però rischia di rivelarsi “insufficiente” se non accompagnato da una “riduzione della pressione fiscale che grava sui lavoratori attraverso una defiscalizzazione degli aumenti retributivi”.