Nell’immaginario collettivo, l’elisir di lunga vita ha sempre rappresentato il simbolo dell’immortalità e dell’eterna giovinezza, un mito tramandato da maghi e alchimisti. Tuttavia, oggi sappiamo che questa pozione meravigliosa non esiste. Nonostante ciò, la ricerca ci indica che esistono pratiche e aspetti della vita che possono contribuire a un invecchiamento sano e prolungato.
Uno stile di vita sano, caratterizzato da un’alimentazione bilanciata, un adeguato apporto calorico, l’esercizio fisico regolare e l’evitare fumo e alcool, è associato a benefici tangibili sulla salute. Tuttavia, emergono sempre più evidenze sul ruolo cruciale giocato non solo dalle abitudini quotidiane, ma anche dai tratti della personalità nell’influenzare la longevità e il benessere durante l’invecchiamento.
Gli studi precedenti
Ricerche approfondite, come quella pubblicata nel 2021 sullo European Journal of Ageing dalla University of Lausanne, hanno dimostrato un crescente interesse nell’identificare specifici tratti della personalità correlati all’invecchiamento attivo.
Questi studi suggeriscono che un adeguato allenamento cognitivo, comportamentale ed emotivo potrebbe rappresentare un pilastro fondamentale per l’invecchiamento sano, influenzando il modo di pensare, agire e affrontare le emozioni durante tutta la vita.
Stile di vita più attento
Ad esempio, la coscienziosità è stata associata a una migliore salute generale, forse perché individui coscienziosi tendono a seguire controlli medici regolari e ad adottare uno stile di vita più attento. Allo stesso modo, la personalità estroversa si è correlata a un maggiore coinvolgimento sociale, portando a minori livelli di emozioni negative come depressione e stress.
Tuttavia, non sono solo le caratteristiche positive a emergere. La personalità nevrotica, per esempio, è stata collegata a una maggiore incidenza di malattie cerebrali come l’Alzheimer, oltre che a malattie cardiovascolari e cancro.
Queste correlazioni, seppur non rappresentino rapporti di causa-effetto, sono state fondamentali per comprendere la complessità dell’invecchiamento. Gli autori di tali studi sottolineano l’importanza di integrare queste conoscenze in ricerche interdisciplinari, per migliorare gli interventi psicoterapeutici e farmacologici e personalizzare le terapie per un benessere più sostenibile.
Il nuovo Studio: il legame tra la personalità e la longevità
Un recente studio condotto da quattro scienziate spagnole della Universidad Complutense de Madrid e della Escuela Andaluza de Salud Pública ha approfondito il legame tra la personalità e la longevità, intervistando 19 ultracentenari in buona salute. Da queste interviste sono emersi otto tratti della personalità che si sono rivelati comuni a tutti i soggetti, etichettati come “centrali” per l’invecchiamento.
Tra i tratti della personalità identificati come centrali per l’invecchiamento degli ultracentenari, emerge innanzitutto la vitalità. Questo tratto è caratterizzato dall’energia e dall’impegno in varie attività. Ad esempio, una centenaria ha condiviso: “Ho cucito fino a 98 anni. Ora ho smesso, ma faccio parole crociate e sudoku per allenare la mente. Cerco di salire le scale a piedi per mantenere attive le gambe”.
L’impegno è un altro tratto evidenziato, sia nella gestione domestica che negli obiettivi personali. Una donna 107enne racconta di aver tenuto unita la sua famiglia, mentre una donna di 101 anni, dopo essersi rotta un’anca, è tornata a camminare senza stampelle: “Sono una donna determinata”.
La socialità, già emersa in precedenti ricerche, si conferma come tratto essenziale. Inoltre, la positività è stata enfatizzata dalle autrici dello studio, citando la gratitudine per la vita anche durante le difficoltà. La motivazione intellettuale è un altro elemento chiave: alcuni centenari hanno imparato da soli a leggere e scrivere, dimostrando una continua curiosità e desiderio di apprendimento.
Il controllo, la capacità di prendere decisioni e sentirsi responsabili, insieme all’intelligenza, sono stati indicati come tratti associati a una buona longevità. Infine, la resilienza è emersa come fondamentale: la capacità di superare avversità e rafforzarsi, come raccontato da un uomo di 101 anni dopo la perdita della moglie.
È importante sottolineare che le evidenze emerse dallo studio sono correlate e non rappresentano necessariamente rapporti di causa-effetto. Tutti i centenari coinvolti godevano di buona salute, un fattore che potrebbe aver contribuito alla presenza di tratti come la vitalità e la positività.
Tuttavia, il messaggio più rilevante è che anche se non si pensa di possedere questi “tratti della longevità”, è possibile coltivarli. Ad esempio, praticare la gratitudine riconoscendo i momenti positivi della vita o allenarsi al controllo stabilendo abitudini quotidiane può contribuire a sviluppare queste caratteristiche.
In conclusione, comprendere la complessità della personalità e dei suoi cambiamenti può aprire la strada a terapie più mirate sulle differenze individuali, migliorando la vita quotidiana delle persone e facilitando un benessere più sostenibile.