Un maestro della narrativa mondiale ci ha lasciati. Mario Vargas Llosa, celebre scrittore e intellettuale peruviano, è morto domenica a Lima all’età di 89 anni. Nato ad Arequipa il 28 marzo 1936, aveva compiuto da poco gli anni. Premio Nobel per la Letteratura nel 2010, è stato un protagonista indiscusso non solo del panorama letterario ma anche della scena politica internazionale. La sua scomparsa segna la fine di un’epoca.
I funerali dello scrittore si svolgeranno in forma strettamente privata, come da sue volontà, e le sue spoglie saranno cremate. Nessuna cerimonia pubblica, solo il silenzio del lutto familiare e il ricordo, indelebile, dei suoi libri.
Un Nobel tra le pagine e le contraddizioni della storia
Vargas Llosa ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura nel 2010 grazie a uno stile narrativo potente e raffinato, capace di raccontare le tensioni sociali e morali del suo Paese con lucidità tagliente. Tra i suoi romanzi più celebri troviamo La città e i cani, La casa verde, Conversazione nella cattedrale e molti altri titoli diventati classici della narrativa latinoamericana.
La sua scrittura ha esplorato i paradossi dell’identità sudamericana, le fragilità del potere, le utopie e le disillusioni, passando dal realismo crudo all’introspezione psicologica. I suoi libri hanno spesso sollevato polemiche, ma hanno anche conquistato milioni di lettori in tutto il mondo.
Dalla militanza rivoluzionaria al liberalismo: l’evoluzione politica
Non solo scrittore, Vargas Llosa è stato anche un attore politico attivo, capace di cambiare radicalmente le proprie posizioni ideologiche nel corso della vita. In gioventù, aveva sostenuto apertamente la rivoluzione cubana e il pensiero di Fidel Castro, simbolo del socialismo latinoamericano.
Col tempo, però, maturò un netto allontanamento dalle ideologie marxiste, approdando a un pensiero liberale che lo avrebbe condotto fino alla candidatura alla presidenza del Perù nel 1990 come rappresentante di una coalizione di centrodestra. In quell’occasione, fu sconfitto da Alberto Fujimori, figura indipendente ma anch’essa legata a politiche economiche neoliberiste.
I grandi romanzi di una carriera senza tempo
Il debutto letterario di Vargas Llosa risale al 1963 con La città e i cani, opera dirompente che venne persino bruciata in pubblico nel suo Paese, ma che conquistò la critica europea. A questo primo successo seguirono opere come La casa verde (1966), Pantaleón e le visitatrici (1973), La zia Julia e lo scribacchino (1977) e Chi ha ucciso Palomino Molero? (1986), che segnarono un’evoluzione stilistica e tematica sempre più complessa.
Nel nuovo millennio, la sua penna ha continuato a raccontare con forza. La festa del caprone (2000) è uno dei suoi romanzi più potenti e duri, incentrato sulla dittatura dominicana di Rafael Trujillo. Seguono Il paradiso è altrove (2003), Avventure della ragazza cattiva (2006), Il sogno del celta (2011), e Crocevia (2016), fino a Tempi duri (2020), un viaggio nella storia recente dell’America Latina.
“La civiltà dello spettacolo”: la critica feroce ai tempi moderni
Tra i saggi più influenti di Vargas Llosa si distingue La civiltà dello spettacolo (2013), un’analisi impietosa della cultura contemporanea, sempre più dominata dal sensazionalismo e dall’intrattenimento vuoto. In questo libro lo scrittore denuncia la decadenza del pensiero critico e il vuoto culturale prodotto dalla società del consumo.
Un’opera scomoda ma lucida, che ha suscitato dibattiti anche oltre il mondo letterario e che rappresenta uno dei momenti più alti del suo pensiero politico e filosofico.
Un’eredità culturale che non conosce confini
Il contributo di Mario Vargas Llosa alla letteratura mondiale resta immenso. La sua capacità di raccontare il Perù – e con esso l’umanità tutta – con un linguaggio raffinato, potente, ma sempre accessibile, ha lasciato un segno indelebile. Che si trattasse di romanzi o saggi, di polemiche culturali o battaglie politiche, il suo spirito critico non ha mai smesso di provocare riflessioni.
Nonostante le critiche, i ripensamenti politici e i tanti ruoli pubblici ricoperti, Vargas Llosa è sempre rimasto fedele a un’idea di letteratura come strumento di verità, denuncia e libertà.