Alzheimer: cani e esseri umani soffrono allo stesso modo, hanno il sonno più leggero

I cani anziani affetti da demenza dormono meno profondamente degli altri cani anziani, proprio come tendono a fare i malati umanni di Alzheimer. In uno studio apparso sulla rivista Frontiers in Veterinary Science, i ricercatori della North Carolina State University hanno rivelato questo aspetto.

Natasha Olby, Alejandra Mondino e il loro team hanno esaminato 28 cani di razza mista, alcuni dei quali avevano tra i 10 e i 16 anni.

Per le persone affette da Alzheimer, spiegano gli esperti, i primi sintomi della malattia sono le alterazioni del ritmo del sonno, tra cui sonnolenza diurna, agitazione o confusione.

È stato suggerito che questi cambiamenti nelle onde cerebrali possano essere dovuti alle aree del cervello coinvolte nella regolazione del sonno.

I pazienti affetti da Alzheimer trascorrono meno tempo nel sonno REM, la fase in cui si verificano i sogni. Ma mostrano anche una riduzione del sonno a onde lente (SWS), durante il quale i ricordi del giorno vengono fissati per essere memorizzati a lungo termine.

In questo lavoro, gli autori hanno dimostrato che un processo simile si verifica nei cani con la sindrome da disfunzione cognitiva canina (CCDS), che è simile alla demenza umana.

I ricercatori hanno somministrato ai proprietari di cani dei questionari riguardanti le interazioni sociali, la capacità di orientarsi e la tendenza all’autogestione del proprio animale.

Sono state considerate possibili comorbilità ortopediche, neurologiche, biochimiche e fisiologiche. L’indagine ha rilevato che il 28,5% del campione (otto cani) aveva un mantello sano, mentre altri otto, quattro e otto erano considerati affetti da CCDS rispettivamente lieve, moderata e grave.

In una serie di test cognitivi, gli studiosi hanno esaminato i livelli di attenzione e la capacità di memoria degli animali. Durante l’analisi del sonno, sono stati misurati i livelli REM e SWS in ciascuno degli esemplari.

I risultati hanno mostrato che i cani con punteggi di demenza più elevati e quelli che svolgevano peggio alcune attività impiegavano più tempo ad addormentarsi. Inoltre, nel complesso hanno trascorso meno tempo a dormire.

 Nei pazienti umani, Olby ha scoperto che i ritmi lenti delle onde cerebrali sono legati all’attività di un sistema del sistema nervoso centrale chiamato glinfatico: è responsabile della pulizia delle proteine di scarto dal liquido che circonda i neuroni.

I pazienti affetti da Alzheimer soffrono di disturbi del sonno e gli scienziati hanno collegato questi disturbi a problemi con le sostanze chimiche che dovrebbero eliminare i rifiuti tossici dal cervello delle persone durante il sonno profondo.

“Nei cani, aggiunge, “la scarsa memoria sembrava essere collegata a onde beta più veloci. Gli animali con una minore capacità di attenzione mostravano anche una maggiore sincronizzazione dell’attività cerebrale tra i due emisferi, simile a quella che si osserva negli esseri umani”.

Gli autori hanno concluso che i cicli sonno-veglia dei cani con CCDS assomigliano a quelli riscontrati nei pazienti umani affetti da Alzheimer.

Olby conclude: “Nella fase successiva di questo studio, seguiremo i cani per determinare se ci sono marcatori precoci nei loro schemi sonno-veglia o nell’attività elettrica durante il sonno”. Il nostro obiettivo finale sarà quello di sviluppare un modello in grado di prevedere la disfunzione cognitiva negli animali domestici.