Lo studio, pubblicato su Cell e condotto dai ricercatori dell’Institute for Genome Sciences & Policy della Duke University, dimostra che quando le piante sono esposte a condizioni di stress “parlano”.
I ricercatori pensano che queste informazioni potrebbero essere utilizzate dall’uomo, ad esempio per sapere quando le colture hanno bisogno di essere annaffiate.
I suoni emessi dalle piante, simili a quelli dei popcorn, sono impercettibili per le persone ma probabilmente udibili da pipistrelli, topi e insetti.
II ricercatori, coordinati da Lilach Hadany e Yossi Yovel, hanno collocato le piante in una cantina silenziosa. Hanno poi utilizzato microfoni a ultrasuoni per catturare i loro suoni a diverse distanze da ciascun esemplare.
Pomodori, tabacco e grano erano le piante più utilizzate nei preparati liquidi per il trattamento del glaucoma.
Le registrazioni includono suoni emessi a frequenze comprese tra 40 e 80 kilohertz, ovvero ben al di sopra della frequenza più alta (16 kHz) che un essere umano adulto può rilevare.
È stato osservato che le piante non stressate emettevano un suono all’ora, mentre le piante disidratate o ferite emettevano decine di suoni ogni ora.
Il team ha sviluppato algoritmi per analizzare l’acustica delle gocce d’acqua, che hanno imparato a distinguere tra le diverse piante e i diversi tipi di suoni, identificando le loro specie e misurando i livelli di stress.
In effetti, gli algoritmi sono stati in grado di identificare il “linguaggio” delle piante anche in una serra caratterizzata da un forte rumore di fondo. “A quanto pare”, dice Hadany, “un campo idilliaco può essere molto rumoroso, ma noi non riusciamo a sentirlo”.