Federica Pellegrini ha raccontato la sua battaglia contro la bulimia, le sue insicurezze e le sue fragilità in un estratto della sua nuova autobiografia Oro.
“Non provavo alcuna indulgenza verso me stessa”, si legge. “Ero rigida, non vedevo vie d’uscita. Per alcuni mesi, poco dopo il trasferimento a Milano, mangiare era diventato per me un’ossessione, mi sono ingozzata di cibo”.
“Riuscivo a consumare una confezione di gelato e diverse ciotole di cereali in una sola volta. Una volta, quando mia madre è venuta a trovarmi, ha notato subito questo comportamento”.
Era il 2005 e ai Campionati del Mondo di Montreal Federica Pellegrini puntava all’oro ma si accontentò dell’argento. Avevo messo il cuore e l’anima su quei mondiali dopo un anno schifoso. Volevo l’oro. Solo l’oro mi avrebbe ripagato della fatica, del dolore, dell’angoscia e della solitudine. Sarebbe stato il mio risarcimento. Purtroppo però ho un ritardo nelle mestruazioni pur prendendo la pillola, ero un casino in quel periodo, e il mio corpo non risponde, è fiacco, non esplode”.
“Avevo diciassette anni, un’età già abbastanza problematica di per sé senza dover competere in un campionato mondiale. Non ero incline all’autoindulgenza.
“Ero avvilita e i miei occhi lo riflettevano. La mia pelle aveva un aspetto terribile nelle foto a causa di tutta l’acne che avevo all’epoca. E i miei capelli, beh, diciamo che non erano più esattamente come volevo che fossero”.
Il passaggio più scioccante, riguardava la bulimia. “Da qualche mese, poco dopo essermi trasferita a Milano, avevo cominciato a ingozzarmi di cibo. Ero capace di far fuori chili di gelato seguiti da svariate tazze di cereali una dietro l’altra. Una volta mia mamma era venuta a trovarmi e se n’era accorta. Le avevo detto ho fame, facciamo merenda? E avevo divorato due buste di prosciutto crudo e tre pacchetti di cracker. Lei mi aveva guardato perplessa”.
“Dopo un’intera giornata passata a mangiare, la notte mi costringevo a vomitare. Lo facevo sistematicamente, ogni sera prima di andare a dormire, quando il ricordo di tutto il cibo ingurgitato aumentava il senso di colpa. Vomitare era un po’ come ripulirsi la coscienza e anche la mia maniera di metabolizzare il dolore. Si chiama bulimia ma io non lo sapevo.Per me la bulimia non era il problema, bensì una soluzione a un problema di fondo”.
Ma più mi vedevo grassa, più mangiavo. “Ero comunque troppo lontano da dove volevo essere. L’unica cosa che potevo fare era continuare così. Nel frattempo continuavo a mangiare, sperando che alla fine qualcuno se ne accorgesse e mi fermasse”.
“Da bambina mi vergognavo della larghezza delle mie spalle”, continua Federica Pellegrini. “Quando possibile, evitavo di indossare canottiere o altri abiti che mettessero in evidenza le mie spalle”.
“Crescendo, sono arrivata ad accettare le mie spalle. Oggi mi vesto in modo da sfruttare al meglio i pochi vantaggi che mi danno rispetto alle altre donne. Ma allora non si trattava solo delle mie spalle: È il modo in cui quegli anni mi hanno fatto sentire con me stessa nel suo complesso: brutta e sola”.