Possiamo “prevedere” per quanto tempo vivremo, è qunrosostiene il gruppo di ricerca capitanato da Alicja Rudnicka, professoressa di epidemiologia statistica presso la St George’s University di Londra.
A indicare la durata della nostra vita sarebbe l’analisi del divario fra l’età effettiva di un soggetto e quella biologica della sua retina. Gli studiosi hanno dimostrato che i piccoli vasi sanguigni all’interno della retina potrebbero tradire il nostro stato di salute, soprattutto circa il cervello e il funzionamento dell’apparato circolatorio. I ricercatori hanno basato gli studi sull’invecchiamento biologico soggettivo, che non procede di pari passo con quello reale.
La nostra vista si indebolisce con l’età; la maggior parte delle persone anziane presenta infatti una riduzione della vista proprio a causa di un generale declino di tutte le funzioni dell’organismo. Il nostro corpo è infatti sottoposto a stress ed insulti estrinseci (dipendenti dall’ambiente) ed intrinseci (dipendenti dai processi biologici) ed il danno che ne deriva è provocato da piccole molecole altamente reattive, i radicali liberi, prodotte durante il normale metabolismo cellulare ed associate ad importanti funzioni cellulari.
La “teoria del deterioramento fisico” si unisce alla teoria dell’“orologio biologico” secondo cui la durata della vita di ogni specie è geneticamente determinata e che le sue variazioni sono frutto o di influenze ambientali o di mutazioni genetiche.
Lo studio
Per stabilire il divario il team di scienziati ha analizzato la superficie posteriore interna dell’occhio di quasi 47000 persone del Regno Unito, tra i 40 e i 69 anni d’età. Circa 19200 delle fotografie scattate al fondo oculare destro di 11052 soggetti in buono stato di salute hanno confermato l’efficacia dell’originale sistema di previsione di età retinica, rilevando un’equivalenza con quella reale.
Il divario è stato poi valutato sul resto del campione, con un monitoraggio di 11 anni durante il quale il 5% dei partecipanti è deceduto per varie patologie. Nel tempo i divari di età retinica più alti si sono dimostrati ampiamente correlati al rischio di morte, tumori e malattie cardiovascolari, e ogni anno di divario corrisponde ad un innalzamento del 2-3% di rischio.
La previsione è esatta
Insomma, il divario d’età retinico è sì predittore (ovvero statistica definita allo scopo di effettuare previsioni su una o più variabili) di aumento del rischio di decesso, offrendo una finestra per valutare i processi patologici alla base delle malattie neurologiche e vascolari correlate al rischio di morte.