Il tempo stringe. Potrebbe essere questo il titolo che sintetizza il grave messaggio contenuto nel più recente rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il principale organo scientifico delle Nazioni Unite per il monitoraggio del cambiamento climatico. Fondato nel 1988, l’IPCC rappresenta un punto di riferimento globale per la scienza del clima. Il loro ultimo report, frutto di anni di incontri tra esperti dal 2021 al 2023, dipinge un quadro inquietante della situazione.
Quali speranze ci restano?
Il 2030 si avvicina
La situazione attuale offre poche speranze e riflette un processo sottovalutato e ignorato per troppo tempo dalla politica e dalla società. Il tempo è quasi scaduto. Rallentare il riscaldamento globale deve diventare una priorità assoluta nelle agende internazionali per evitare una catastrofe planetaria. Se le condizioni attuali persisteranno, il rischio di un crollo irreversibile sarà concreto.
Il sesto rapporto di sintesi dell’IPCC, presentato durante la 58ª sessione del panel tenutasi a Interlaken, in Svizzera, tra il 13 e il 19 marzo 2023, delinea vari scenari. Analizza la situazione attuale, le proiezioni fino al 2100 e le politiche necessarie nei prossimi decenni, fino al periodo tra il 2030 e il 2040.
Il 2030 è imminente
Il pianeta è paragonabile a una bomba a orologeria, e solo un’azione immediata e coordinata a livello globale potrà invertire la tendenza. La priorità è ridurre le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035. L’obiettivo finale è azzerare completamente le emissioni entro la metà del secolo. Solo così sarà possibile evitare il superamento della soglia critica di un aumento di 1,5°C delle temperature globali. Quanti altri rapporti scientifici serviranno prima che le istituzioni agiscano per proteggere l’umanità e il pianeta?