La Rai fa pubblicità gratuita? La questione degli sponsor durante le partite di calcio

Il 23 marzo, milioni di telespettatori hanno assistito su Rai 1 alla partita Italia-Germania, terminata con un pareggio 3-3. Le interviste post-partita hanno suscitato particolare interesse, non solo per il contenuto sportivo, ma anche per la visibilità di alcuni marchi dietro il direttore tecnico della nazionale, Luciano Spalletti.

Inquadrato in primo piano, Spalletti si trovava di fronte a una bottiglia di Coca-Cola, una lattina di Monster Energy e due bottigliette di acqua Vio, un marchio tedesco. Dietro di lui, erano visibili anche altri loghi di sponsor come Esselunga, Eni e Poste Italiane. Ma la domanda che sorge spontanea è: la Rai sta facendo pubblicità gratuita per questi marchi?

Pubblicità durante le interviste: un accordo commerciale

I marchi visibili durante l’intervista sono il risultato di contratti stipulati tra gli sponsor e le organizzazioni sportive come la UEFA e la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio). Questi accordi consentono agli sponsor di posizionare il proprio logo in modo strategico nei punti visibili, come i pannelli alle spalle dei soggetti intervistati o a bordo campo. A tale riguardo, è plausibile ipotizzare che i marchi abbiano pagato ingenti somme per ottenere questa visibilità, che può tradursi in decine di migliaia di euro in base agli ascolti.

La Rai paga per trasmettere, ma fa pubblicità gratis?

La Rai, come titolare dei diritti di trasmissione della partita, ha pagato milioni di euro alla UEFA per poter trasmettere l’evento. Ma il problema nasce dal fatto che, pur avendo acquisito il diritto di trasmettere l’incontro, la Rai è obbligata ad accettare di fare pubblicità a marchi che, a loro volta, pagano la UEFA. Questo solleva una domanda importante: perché la Rai, che già paga per trasmettere, deve accettare di promuovere gratuitamente questi sponsor? In base al Codice di Autoregolamentazione della Rai, ogni forma di pubblicità, compreso il product placement, deve essere dichiarata esplicitamente nei titoli di coda. Se ciò non accade, si potrebbe parlare di pubblicità non dichiarata, che la Rai non dovrebbe fare gratuitamente.

La gestione degli sponsor nei programmi Rai

In generale, nei programmi Rai è prassi mascherare i marchi visibili sugli oggetti, applicando ad esempio carta sui prodotti o evitando inquadrature che li mostrino in modo evidente. Tuttavia, quando si tratta di calcio, questa prassi viene ignorata. La spiegazione di questo comportamento è che la Rai accetta le condizioni imposte dalla UEFA e dalla FIGC, che richiedono la visibilità degli sponsor nelle interviste post-partita. La Rai avrebbe potuto optare per inquadrature più strette per evitare che i marchi fossero visibili, ma scegliere di non farlo potrebbe significare rinunciare alla possibilità di trasmettere l’intervista e, di conseguenza, alla visibilità per gli sponsor.

Pubblicità occulta e il problema dell’etica

In pratica, la Rai sta agendo come un canale gratuito di pubblicità per marchi come Coca-Cola, Monster e altri, senza ricevere alcun compenso. Questa situazione pone delle questioni etiche e legali. Sebbene la Rai sia obbligata a trasmettere le immagini come stabilito dai contratti, non vi è alcuna necessità di mostrare i marchi in primo piano durante le interviste, come avviene nel caso delle bottiglie di Coca-Cola e Monster. Inoltre, se la Rai non riceve alcun beneficio economico da questa visibilità, si potrebbe considerare un caso di pubblicità occulta, in violazione delle regole che vietano qualsiasi manipolazione ingannevole delle informazioni. Il rischio è che si crei confusione tra contenuti editoriali e messaggi promozionali.

Il punto di vista delle autorità

Abbiamo chiesto un parere all’AGCOM, che ha ribadito che la Rai è tenuta a rispettare il principio di neutralità e non può alterare le immagini per promuovere benefici commerciali diretti. La trasmissione deve riflettere fedelmente quanto stabilito nei contratti, senza insistere su marchi sponsorizzatori in modo che possa sembrare un’azione promozionale. Questo principio è valido soprattutto per le immagini trasmesse durante le interviste, dove i marchi non sono parte integrante dell’evento sportivo, ma piuttosto un’aggiunta pubblicitaria.

Conclusioni e il problema del Contratto di Servizio

Infine, va sottolineato che il Contratto di Servizio tra la Rai e lo Stato italiano vieta esplicitamente qualsiasi forma di sponsorizzazione occulta. L’Articolo 6, comma 3 del Contratto di Servizio stabilisce che la Rai non possa manipolare in modo non riconoscibile il contenuto informativo con finalità promozionali. La presenza di marchi come quelli visibili durante le interviste senza una chiara separazione o avviso costituisce una violazione di questa regola, configurando un messaggio pubblicitario non dichiarato.

La Rai, quindi, si trova di fronte a un dilemma: come conciliare il suo ruolo di servizio pubblico con le pressioni commerciali degli sponsor? La trasmissione di partite e interviste senza una corretta gestione della pubblicità potrebbe compromettere la sua credibilità come istituzione imparziale, soprattutto se gli sponsor riescono a ottenere visibilità senza contratti chiari o pagamenti diretti alla Rai.

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