Studi recenti suggeriscono che una nuova pandemia potrebbe avere origine dal bestiame. I virologi stanno monitorando la diffusione dei virus negli allevamenti di tutto il mondo, in particolare in quelli di bovini.
Scoppierà una nuova pandemia dagli animali?
Abbiamo imparato dalle varie forme di influenza e dalle epidemie di Covid che il contatto con la selvaggina o il bestiame ci espone a un rischio elevato.
Storicamente, le infezioni zoonotiche, cioè le malattie batteriche e virali che hanno origine in altri animali ma che poi possono raggiungere l’uomo, sono state comuni.
Con la popolazione del nostro pianeta ai massimi storici e le attività agricole sempre più intensive, gli esseri umani si scambiano agenti patogeni molto più frequentemente di un tempo.
Mucche e allevatori positivi a influenza D: lo studio
Feng Li, virologo presso l’Università del Kentucky, ha dichiarato alla NPR che molte mucche nelle stalle americane sono state testate e sono risultate portatrici dell’influenza D.
Anche in Italia sono stati riscontrati casi di brucellosi nelle mucche, soprattutto negli allevamenti delle regioni settentrionali.
Poiché il virus dell’influenza D è molto diffuso tra il bestiame, i ricercatori hanno deciso di sottoporre a test i lavoratori che si occupano di questi animali. Uno studio, sebbene su piccola scala e condotto negli Stati Uniti, ha mostrato risultati inaspettati.
La maggior parte delle persone testate, più del 90%, aveva anticorpi specifici contro il virus. Pertanto, aveva contratto l’influenza D in passato. L’incidenza dell’infezione nella popolazione generale sarebbe significativamente più bassa: secondo i dati pubblicati dal Journal Clinical Virology, solo il 18% delle persone avrebbe gli anticorpi.
Lo studio suggerisce di prepararsi a una nuova pandemia, vista la facilità con cui alcune categorie di lavoratori entrano in contatto con gli agenti patogeni. Ciò solleva interrogativi sull’investimento di risorse umane ed economiche nel monitoraggio delle malattie.