Il salmone è un piatto apprezzato da molti e rinomato per le sue caratteristiche nutrizionali, ma se proviene da coltivazioni intensive, è veramente opportuno consumarlo? Purtroppo, varie indagini, inclusa quella condotta in Scozia da Animal Equality, ci rivelano una realtà estremamente difficile da accettare.
La Scozia rappresenta il terzo Paese al mondo per quantità di salmoni allevati, con una produzione annua di oltre 38 milioni di esemplari. Tuttavia, dietro a questi impressionanti numeri si nasconde una realtà angosciante: la prematura scomparsa di milioni di salmoni all’interno delle coltivazioni. Nell’ultimo anno in Scozia, le statistiche governative indicano la morte di oltre 17 milioni di salmoni, il numero più alto mai registrato.
Ma il problema non riguarda solo questo Paese; anche in tutte le altre nazioni con coltivazioni intensive di salmoni, la situazione è molto simile. L’industria della piscicoltura scozzese ha tentato di attribuire la colpa della massiccia mortalità dei pesci a fattori esterni alle coltivazioni stesse, come l’aumento della temperatura dell’acqua marina e le fioriture di alghe e microorganismi. Tuttavia, secondo Animal Equality, la situazione è diversa. Salmoni malati e morenti galleggiano nelle coltivazioni, vengono schiacciati contro le reti delle vasche e enormi quantità di pesci morti vengono eliminate senza alcuna considerazione.
La mortalità dei salmoni nelle coltivazioni non è solo il risultato di condizioni ambientali sfavorevoli (che esistono certamente), ma è anche (o soprattutto) causata da malattie e batteri diffusi che si diffondono in ambienti sovraffollati e stressanti. L’abuso di antibiotici, le infestazioni di parassiti marini e l’inquinamento delle acque aggravano ulteriormente la situazione.
Il cambiamento climatico, come accennato in precedenza, contribuisce sicuramente al peggioramento delle condizioni marine e dei pesci, ma la crescente dipendenza dalle tecnologie, come telecamere subacquee e intelligenza artificiale, comporta ulteriori rischi. Questo è quanto evidenziato da uno studio recente, pubblicato su Scientific Reports, che ha analizzato gli eventi di mortalità di massa nell’acquacoltura del salmone in tutto il mondo.
Il dottor Gerald Singh dell’Università di Victoria in Canada, principale autore dello studio, ha dichiarato: “Un ambiente oceanico sempre più mutevole, in gran parte a causa dei cambiamenti climatici, può significare che più siti di produzione saranno esposti più frequentemente a eventi come la mortalità di massa. Inoltre, le pratiche di produzione e la tecnologia che spingono la produzione verso condizioni sempre più rischiose e consentono una maggiore densità di popolazione di pesci, possono esporre un numero sempre maggiore di pesci a condizioni che causano la mortalità”.
L’utilizzo di tecnologie avanzate per il monitoraggio remoto delle coltivazioni può giustificare il posizionamento di queste in siti più distanti dalla costa, ma aumenta anche la vulnerabilità dei pesci alle minacce ambientali. In sostanza, le coltivazioni intensive sono direttamente coinvolte e hanno una grande responsabilità nella mortalità dei salmoni.
L’industria ittica scozzese ha piani di espansione e costruzione di nuove coltivazioni, ma questa crescita è insostenibile e comporta gravi conseguenze per l’ambiente e il benessere animale. È urgente che i consumatori prendano coscienza di questa situazione e considerino alternative più sostenibili al salmone d’allevamento.
È evidente che sarebbe opportuno evitare di consumare salmone proveniente da coltivazioni intensive, che sia della Scozia o di altre provenienze.